Ricordo di Empio Malara e la via del marmo

19 marzo 2023

Benigno Mörlin Visconti Castiglione (*)

 È motivo di riconoscenza questo invito di Lucilla e Fabia a ricordare nel giorno della festa del Papà, Empio Malara.  La sua amicizia e il suo entusiasmo mi ha arricchito in questi quarant’anni di frequentazioni e di condivisione dei valori della conservazione e  promozione del nostro patrimonio paesaggistico e architettonico.

Ricordo le sue visite di studio nell’archivio e nella biblioteca della Fabbrica del duomo quando approfondiva con metodo e profonda attenzione i documenti relativi  al Naviglio o agli ingegneri idraulici del duomo.

Mi sono occupato per 35 anni dei cantieri della Fabbrica e per questo, incontrarci  qui davanti alla lapide del 1497 posta a lato della conca di Viarenna  cui Empio si  è tanto dedicato per farla conoscere e in qualche modo rinascere, è per me particolarmente  toccante.

”El  principio del domo di Milano fu nel anno 1386” è scritto su una lapide nella prima campata a desta della cattedrale.

E la costruzione inizia secondo la grande tradizione lombarda con una struttura in laterizi.  Nella sacrestia delle messe vi sono evidenti elementi della primitiva costruzione.

 Motivi di ambizione politica per un ducato di Milano ormai riconosciuto per prestigio e potenza in un’Europa che già aveva costruito grandi cattedrali nello stile gotico in pietra, inducono il duca Gian Galeazzo Visconti ad indirizzare un nuovo progetto cambiandone   il materiale costruttivo e costitutivo: scegliendo il marmo. La disponibilità di un materiale straordinario per bellezza e resistenza strutturale quale il marmo di Candoglia con cui costruire l’intero edificio, consente scelte architettoniche impensabili con il laterizio, ma impegna e orienta definitivamente progetti,  i cantieri per tutti i secoli successivi.

Le cave di Candoglia vengono così donate da Gian Galeazzo il 27 ottobre 1387 con il privilegio di escavazione e trasporto esente da dazi per l’uso della cattedrale, privilegio confermato da Galeazzo Maria Sforza il 21 agosto 1473 e poi sempre mantenuto.

Per il trasporto dei marmi da Candoglia, all’imbocco della val d’Ossola, i materiali venivano trasferiti su barconi che attraverso il Toce arrivavano al lago Maggiore e poi dal Ticino al Naviglio Grande e su questo a Milano fino al laghetto di Sant’Eustorgio, poco distante da qui.

L’accesso però al cantiere del duomo era ancora molto oneroso perché il canale interno risulta a circa 2 metri più alto e  i marmi dovevano essere   scaricati e nuovamente trasportati con altri mezzi. La Veneranda fabbrica nel 1439 incarica, per rendere più agevoli tali operazioni, Filippino degli Organi (architetto e ingegnere del duomo dal 1400 che già nel 1402 progetta e segue la realizzazione del finestrone centrale dell’abside) coadiuvato da Fioravante da Bologna di rendere navigabile la fossa interna.  Con la costruzione della nuova Conca, tra le prime in Europa, la navigazione fino al laghetto di Santo Stefano poco distante dal cantiere del duomo diviene molto facilitata e anche il trasporto di  materie prime per la città diviene più economico. Gli ingegneri della V. Fabbrica miglioreranno ancora nel tempo le condizioni di navigabilità che diverranno ottimali con l‘apporto delle acque della Martesana nel canale interno.

Per garantire l’efficienza e la navigabilità, la manutenzione della conca e dei canali era indispensabile e fin dal 1448 fu accordato il dazio in favore della Fabbrica per le barche che transitavano dalla conca oltre ai diritti di pesca, per ripagare i costi sostenuti par la manutenzione della conca e dell’alveo del canale.

 Ludovico il Moro trasforma la concessione in una donazione alla Fabbrica nel 1497 anno in cui morì sua Moglie Beatrice d’Este (come si vede dall’epigrafe).

La fabbrica gestirà tramite appalti la conduzione delle vie d’acqua sulle quali venivano trasportati tutti i materiali necessari per il duomo, con affitti novennali  della conca  e questo fino all’inizio del 1800. (Passavano nel naviglio interno circa 3000 barche per anno)

La conca dove ora siamo è stata qui trasferita alla metà del XVI sec per la costruzione delle nuove mura spagnole. La navigazione e il trasporto merci anche per la pubblica utilità dei cittadini avviene principalmente nella fossa interna.

Con la chiusura del laghetto di Santo Stefano del 1857, poi con la copertura del 1928 del naviglio interno e del relativo collegamento con la Conca, la Conca diventa un monumento. Con l’isolamento e copertura del canale tra conca e darsena nel 1934 la conca rimane totalmente isolata: sola memoria del passato.

Scriveva Raffaella Oliva sul corriere del 10/03 “a differenza di altre arti quali pittura scultura e musica, fruite non necessariamente attraverso un coinvolgimento attivo di chi ne gode, l’architettura nasce per essere utilizzata e resta tale solo se questa natura è rispettata riattualizzando gli edifici storici pur nel rispetto delle loro peculiarità per evitare che diventino monumenti di se stessi

 Ora, tra le sue straordinarie iniziative, ecco il progetto di Empio e la lotta sostenuta in qs. anni per il  recupero della conca e la  riapertura del canale interrato verso la darsena: progetto concreto  mirato alla  valorizzazione della zona ai fini turistici  e a  un notevolissimo miglioramento ambientale.

 Cerchiamo di riutilizzare questa conca riprenderci la memoria di quell’unità tra l’interesse puramente civico (utilitaristico di un canale ) e  la funzione straordinaria che ha reso possibile la costruzione del duomo.”  Diamo concretezza al sogno che abbiamo condiviso e che ci ha lasciato Empio.

 

(*) Per molti anni Direttore Veneranda Fabbrica del Duomo