Navigli: ma perché non un piano “B”?

A conferma dei miei timori di qualche mese fa, sembra proprio che l’argomento Navigli stia vivendo un momento di arresto che potrebbe essere temporaneo, ma la cui temporaneità potrebbe anche essere molto, molto indefinita, per la felicità dei detrattori del progetto.

E’ assolutamente evidente che il Comune di Milano e soprattutto il Sindaco Sala siano palesemente sotto attacco da parte di chi vuole fare di tutto per mettere in cattiva luce l’attuale Amministrazione per potervisi sostituire in un prossimo futuro e, per chi ha tali interessi, un risultato importante come quello della riapertura dei Navigli, non dovrà certamente poter essere vantato da Sala.

Da qui gli attacchi da vari fronti pretestuali quali l’opportunità e la natura del progetto, le priorità, ma anche e soprattutto il blocco di qualsiasi possibile finanziamento esterno alle fonti di bilancio comunali (Statali e Regionali) con la conseguente comprensibile e giustificata impossibilità di dare seguito ad un azione concreta, ma costringendo l’amministrazione alla scelta della redazione dei soli progetti definitivi per prepararsi all’ipotesi di un futuro possibile progetto europeo ed ai suoi relativi finanziamenti.

E’ pertanto del tutto comprensibile e motivata la cautela del Sindaco sull’argomento cercando di prendere tempo anche in vista del prossimo impopolare aumento del biglietto ATM, ma anche delle decisioni del CIO sulle Olimpiadi invernali che, se fossero effettivamente aggiudicate a Milano, sarebbero si una meravigliosa occasione di ulteriore rilancio della Città, ma anche una macchina formidabile di prosciugamento preventivo delle casse comunali, vista soprattutto l’aria che tira al Governo.

Tutto ciò premesso credo comunque che il Comune, dopo tutto quello che è stato fatto e detto sul tema, non possa nascondersi dietro alla sola progettazione definitiva dell’ormai “eventuale” progetto per potere presentarsi alle prossime elezioni con la convinzione di avere rispettato anche questa promessa elettorale, ma dovrebbe fare qualcosa di più ed in particolare dovrebbe, a mio parere, identificare un piano “B” minimale di portata raggiungibile, che realizzi almeno qualcosa di concreto, visibile e degno di questa città, che rappresenti un preambolo a future eventuali prospettive realizzative.

Mi riferisco in particolare ad un “antipasto” del progetto complessivo che con un contenuto impegno finanziario, spalmato in più esercizi finanziari e a moderato impatto urbano, generi comunque un elevato plus ambientale ed urbanistico.

Si potrebbe infatti pensare a limitare un’eventuale riapertura ai tratti iniziali e finali del progetto quali Melchiorre Gioia (da Cassina de’ Pomm a via Carissimi), e Conca di Viarenna (il ricollegamento con la Darsena). La riconnessione idraulica potrebbe essere garantita in modo abbastanza indolore ( se realizzato durante i lavori MM4) dal canale sotterraneo, una volta realizzata la disconnessione Seveso-Redefossi. A completamento dell’operazione come “ciliegina” ambientale a costo quasi inesistente si potrebbe poi già riservare la cerchia ad un utilizzo esclusivamente ciclopedonale con blocco di qualsiasi mezzo privato non residente, creando così un grande anello a mobilità dolce (… a correre ci pensa la MM4 che sta sotto…) in attesa dell’eventuale futura vera a propria riapertura graduale, la cui possibilità realizzativa sarebbe garantita in futuro, dalla presenza del canale sotterraneo.

Il costo sarebbe enormemente inferiore ai 150 M€ ipotizzati per la vecchia prima fase, ma i vantaggi sarebbero sicuramente enormi dal contenimento del traffico automobilistico, ai numerosi vantaggi legati al collegamento idraulico (innumerevoli e che non sto qui a ripetere), al miglioramento sostanziale del paesaggio in due punti particolari per differenti aspetti della città.

Insomma, poiché al mondo bisogna essere pragmatici e realistici, tra volere tutto e non fare nulla, credo che tale ipotesi di piano “B” potrebbe rappresentare comunque un primo timido passo concreto verso quella sostenibilità ambientale urbana che porterebbe, comunque al di là di tutto, con sforzi finanziari tutto sommato limitati e di impatto estremamente ridotto, risultati enormi (paesaggio urbano, tutela idrica ed idraulica, energie rinnovabili,  contenimento emissioni, qualità della vita, etc.), cominciando quasi in sordina, un cammino che, se piacerà ed i Milanesi lo vorranno (cosa di cui non dubito minimamente), potrebbe portare in futuro (quando le condizioni potrebbero essere favorevoli) sempre più lontano fino a ricreare, chissà, forse passo dopo passo, veramente la nostra Milano città d’acque.

 

Milano Aprile 2019

Guido Francesco Rosti

Membro Comitato Scientifico Comune di Milano

Vicepresidente Ass.ne Amici dei Navigli

Milanocittadacque.it